L’engagement è una realtà dimostrata, un “must” per qualsiasi organizzazione che voglia assicurarsi un vantaggio competitivo difficile da replicare.
I dipendenti ad alto engagement esprimono un rendimento migliore a tutto il campo. Lavorano di più, più a lungo, in modo più intelligente, sono meno assenti, fanno uno sforzo supplementare, superano gli ostacoli e sono più resistenti. Assicurano vantaggi competitivi difficili da replicare, che sicuramente pongono l’engagement come componente chiave di una strategia di business di successo.
A me piace definire l’EMPLOYEE ENGAGEMENT come “Essere positivamente presenti nell’esecuzione dei lavori, contribuendo volentieri con il proprio sforzo intellettuale, sperimentando emozioni positive, e connessioni significative con gli altri.”
E’ la misura in cui i collaboratori sono coinvolti razionalmente ed emotivamente nel loro ambiente lavorativo e si sentono motivati a contribuire al successo dell’azienda
Per poterlo fare, dobbiamo passare da un APPROCIO DEFICIT-BASED cioè una prospettiva centrata sulla “correzione dei difetti”, ad un approccio centrato sul potenziamento delle risorse STRENGTHS-BASED(O DEI PUNTI DI FORZA). Alla base di questo approccio c’è la convinzione che gli individui (singolarmente o in gruppi) posseggano numerose risorse non ancora sfruttate sulle quali potrebbero mobilitare delle energie superando gli ostacoli e le difficoltà della propria vita
Sebbene non ci sia un approccio uguale per tutti e nessuno schema universale per il successo dell’engagement, ci sono 4 FATTORI ABILITANTI che forniscono un utile quadro di rifermento, che aiuta l’organizzazione a valutare l’efficacia del loro approccio all’engagement:
1)UNA LEADERSHIP VISIBILE E CARISMATICA: che fornisce una forte narrazione strategica circa l’organizzazione (da dove viene e dove sta andando)
2) MANAGER CHE CREANO ENGAGEMENT, che si concentrano sui loro uomini e danno loro uno scopo, li trattano come individui e sono per loro dei veri coach
3) La VOCE DEI DIPENDENTI ASCOLTATA in tutta l’organizzazione: i dipendenti sono visti centrali per la soluzione
4) COERENZA O INTEGRITÀ DELL’ORGANIZZAZIONE: i valori dichiarati si riflettono sui comportamenti quotidiani (coerenza tra il dire e il fare)
Mi sento di aggiungere secondo la mia esperienza nelle aziende un quinto fattore importante:
5) COINVOLGIMENTO DEI LAVORATORIcioè le opportunità che l’organizzazione crea per rafforzare tale coinvolgimento
COSA SUCCEDEREBBE SE CI CONCENTRASSIMO SU CIÒ CHE FUNZIONA INVECE CHE SU CIÒ CHE NON FUNZIONA?”.
“I leader, i grandi leader, sono persone che hanno una capacità fenomenale di disegnare e ridisegnare relazioni di collaborazione creativa all’interno dei loro team.”
Per affrontare la tossicità, il consiglio è di dire la nostra verità e comunicare il nostro dispiacere.
Ma cosa facciamo quando non possiamo e/o semplicemente pensiamo che sarebbe vantaggioso per noi tacere?
Etimologia
Secondo il dizionario di Oxford la parola ha origine dal greco toxicón, cioè veleno in cui si intingono le frecce,da tóxon ”arco”. La storia della parola è partita dal suo significato letterale, l’arco.
Il significato dell’epiteto come “velenoso” si trova per la prima volta nel medico Dioskouridis (I° secolo d.C.), mentre il punto di partenza del significato venne dagli Sciti (gr. Σκύϑαι), una popolazione originaria delle steppe settentrionali dell’Asia centrale, organizzata in tribù nomadi (allevatori), seminomadi e sedentarie che spalmavano le loro frecce con una sostanza velenosa (praticati anche dai Celti).
Nel corso degli anni l’uso dell’aggettivo denota o caratterizza le persone che hanno la tendenza a dispiacere, annullare e deludere gli altri con il loro comportamento. Non sono funzionali nelle loro relazioni e causano danni emotivi o psicologici a coloro con cui si associano.
Un ambiente di lavoro tossico genera disordine, competizione, morale basso, stress costante, negatività, malattie, alto turnover e persino bullismo. Inoltre, ti segue a casa.
Prende il controllo delle tue emozioni, ti ruba il sonno, ti causa preoccupazione e stress, perfino l’esaurimento. Gli ambienti di lavoro tossici si distinguono anche per il senso di insicurezza che trasmettono. La leadership è assente o interviene in modo autoritario. I rapporti tra colleghi sono tesi, caratterizzati da diffidenza e sfiducia, o persino da svalutazione e ostilità.
Collaborazione Lavorare con persone tossiche è oggettivamente difficile. Ogni interazione che abbiamo con un partner tossico finisce con una sensazione interiore di “vuoto”.
Non importa quanto siamo bravi nel nostro lavoro, per una persona tossica non è mai abbastanza, non siamo capaci e – di norma – sbagliamo, sbagliamo su tutto. Ogni sforzo che facciamo per chiarire la nostra posizione, o semplicemente per dire la verità, si ritorce contro di noi, e probabilmente verremo accusati di essere forse aggressivi o ingiusti e di non riconoscere quanto offre.
La situazione Sfortunatamente, la persona tossica è la persona che non puoi evitare o aggirare, e non puoi semplicemente andartene dal lavoro senza aver già trovato un altro. Qualcuno potrebbe pensare o si illude che con la pazienza e tenacia potranno cambiare la persona tossica e fargli cambiare atteggiamento.
Ma non prendiamoci in giro …. Innanzitutto: se l’altro non vuole, non cambierà e, in secondo luogo, perché dovrebbe cambiare? lui si diverte, mentre gli altri vivono male!
Quindi cosa ci resta da fare? – mantenere la calma e non reagire in modo emotivo agli stressor del lavoro – coltivare relazioni positive e sviluppare una buona rete di supporto: condividere le proprie preoccupazioni con persone di fiducia aiuta a ridurre lo stress. – Essere in grado di guadagnare tempo e mostrare pazienza, finché non troviamo un altro lavoro e possiamo allontanarci dalla persona tossica.
Motivazione Per poterci aiutare dobbiamo trova e avere una forte motivazione.
Potrebbe essere da un lato il guadagno economico e dall’altro l’utilità a mantenere il posto di lavoro ci aiutano a rimanere focalizzati sul nostro obiettivo. In questo caso, il nostro vantaggio è duplice: da un lato la nostra salute mentale e dall’altro prendere tempo per organizzare i nostri prossimi passi
Il segreto condiviso Quando non riusciamo a trovare una soluzione a un problema per noi difficile, il primo passo (come impariamo dai bambini) è chiedere aiuto a qualcunoche abbia il potere e l’approccio giusto di aiutarci. Se ci riusciamo, inizieremo il processo verso una possibile soluzione del problema.
Ma se non possiamo risolvere il problema in questo modo, dovremo scendere a compromessi?
Attenzione! Non scenderemo a compromessi con la situazione, perché non possiamo fare altrimenti. Comprometteremo la situazione in relazione ad una nostra priorità o necessità!
La trappola del compromesso Spesso ci accontentiamo delle situazioni. Diciamo “Va bene, passerà”. O forse ricordiamo la nonna che ci diceva “Cosa fare? questa è la vita… Tutto è di Dio”. O anche pensare “Dove correre adesso...” e impantanarsi.
Facendo così l’ambiente tossico precedentemente aperto diventa familiare e abbassiamo la testa. Il punto non è, scendere a compromessi con situazioni che non vogliamo, con situazioni in cui non possiamo essere felici o addirittura noi stessi. Il punto è riuscire a scendere a compromessi in modo da GUADAGNARE TEMPO e con preziosa pazienza, pianificare i passi successivi.
Risultato: cerca un altro posto Abbiamo motivo di scendere a compromessi solo sulla base di una nostra priorità e/o necessità, conoscendo e ricordandoci il vantaggio che otteniamo da quel compromesso (il tempo per organizzarsi) . Così otteniamo il coraggio di organizzare il nostro prossimo passo, lontano dalle persone tossiche.
Petra Odak, Chief Marketing Officer di Better Proposals ha spiegato professionalmente come porre fine alla cooperazione tossica: «Volendo liberarti da un ambiente tossico, dovresti concentrarti su due cose rilevanti. a) Innanzitutto, nonostante l’atmosfera sfavorevole, cerca di lavorare al meglio e continua a svolgere le tue attività in modo efficace, in modo che i manager apprezzino il tuo sforzo. b) In secondo luogo, nel tempo libero, cercate un nuovo datore di lavoro. .
Stai lontano dalle persone che cercano di sminuire le tue ambizioni.
Le persone piccole lo fanno sempre, ma quelle veramente grandi ti fanno sentire che anche tu puoi diventare grande”. Mark Twain
Il freewhelling, a differenza del brainstorming che è una tecnica di gruppo, è una metodologia creativa prettamente individuale, utilizzata per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema..
Freewhelling significa “pensare a ruota libera” e consiste, dato un problema, nel lasciare libero sfogo, in un limite di tempo, a pensieri, proposte, idee e soluzioni. Attraverso l’utilizzo di questa pratica creativa possiamo creare numerose associazioni di idee.
Il primo fondamentale obiettivo è generare il maggior numero di idee, puntando sulla QUANTITÀ E NON SULLA QUALITÀ, abbandonandosi alla fluidità del pensiero prodotto dall’emisfero celebrale destro, liberando la mente dai “sensi unici chiudi” abituali, dalle convinzioni radicate, dalle idee banali e dalle influenze altrui.
L’ATTENZIONE VA POSTO SU QUELLO CHE NON C’È PIUTTOSTO SU QUELLO CHE È PRESENTE.
Dobbiamo temporaneamente mettere a tacere quella vocina interna che proviene dal nostro emisfero sinistro, rinviando ogni giudizio e critica che possa bloccare la nostra creatività sul nascere.
A questo punto dobbiamo porre al centro della nostra attenzione l’idea o il problema è lasciare, piano piano, che le parole che ci vengono in mente si associano a una soluzione.
Successivamente bisogna scrivere tutte le idee nuove e le soluzioni che si sono venuti in mente, anche quelle più assurde e strampalate.
Una volta terminato di scrivere il flusso di idee, è opportuno riposarsi qualche minuto, per poi iniziare a lavorare con l’emisfero celebrale sinistro ed esaminare tutte le idee che abbiamo messo sulla carta, eliminando quelle impossibili e di scarsa efficacia, selezionando, valutando e raccogliendo le idee più interessanti e funzionali per una nuova e completa soluzione del problema..
I presupposti fondamentali per svolgere la tecnica in maniera efficace sono:
mente lucida
stato d’animo è fisico rilassato
voglia di divertirsi
spontaneità
flessibilità
originalità
Esercizio
Pensa un problema che vuoi risolvere
1° fase (divergente):
rilassati
apri spazi alla mente e parla liberamente
abbandonati al flusso di pensieri
astieniti dall’emettere giudizi di qualsiasi genere
scrivi tutte le idee che ti passano per la testa
2° fase (convergente) :
Riposati e allenta la tensione per qualche minuto
Rileggi tutte le idee elimina quelle palesemente non inutilizzabili o prive di senso
Raccogli le più interessanti
Scrivi con cura e attenzione l’idea migliore
Ora non ti resta che agire!
“Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante”
Per scrivere e-mail efficaci sono fondamentali sei abilità:
Anzitutto la chiarezza: ridurre i disturbi della comprensione, combinando semplicità e sintesi. In PNL c’è un modello linguistico ( metamodello) ha qui ampio terreno di applicazione.
Saper porre a noi stessi le domande che si porrà il lettore: ho cancellato parti importanti del mio ragionamento?
Ho generalizzato o deformato alcuni concetti?
Il lettore sarà disposto a confrontarsi con la mia esperienza?
La vaghezza, parte complementare della chiarezza. A volte bisogna essere chiari; altre volte bisogna, o conviene, essere vaghi. Utilizzare l’approccio del Milton model: il linguaggio aperto e seduttivo ci permette di essere «abilmente vaghi», facendo affermazioni abbastanza generiche per ricalcare la posizione del lettore, qualunque essa sia.
Se voglio convincere qualcuno, per esempio, posso cominciare con un ricalco generico: sociale, situazionale, emotivo ecc. («L’ambiente in cui viviamo è il patrimonio più prezioso per tutti noi»); o con un argomento in cui la maggior parte dei lettori può riconoscersi facilmente
C’è poi la struttura dell’e-mail (inizio-corpo-fine). Tre sigle possono aiutarci a organizzare il testo in base all’obiettivo:
BLOT (bottom line on top), l’argomento principale all’inizio (per esempio, comunicati stampa, memo, avvisi);
BLIM (bottom line in the middle), l’argomento principale in mezzo (cattive notizie);
BLOB (bottom line on the bottom), l’argomento principale alla fine (proposte commerciali, inviti, messaggi motivazionali).
La quarta abilità è quella di catturare l’attenzione del lettore con una scrittura vivace e interessante. Domande, elementi di sorpresa, variazioni di ritmo, interruzioni di schema, nonché figure retoriche, giochi con le parole e con i numeri. Tecniche di ricalco che sanno creare sintonia e intimità con il lettore. Metafore che sanno trasmettergli un messaggio agendo sulla sua sfera inconscia.
Altra abilità è lo stile: avere un ampio repertorio di stili, per saper scegliere il più adatto a ogni pubblico, a ogni obiettivo, a ogni strumento.
Infine il processo di scrittura: gestire al meglio le diverse fasi dello scrivere, dal prewriting al freewriting al rewriting (progettazione, stesura, revisione).
Uno scrittore scrupoloso, per ogni frase che compone, si porrà almeno quattro domande, e cioè: cosa sto cercando di dire? con quali parole posso esprimerlo? quali immagini o espressioni lo renderanno più chiaro? l’immagine che sto per utilizzare è abbastanza attuale per suscitare l’effetto desiderato? (George Orwell)
Diverse definizioni fanno riferimento a una gamma di concetti riferiti alla gestione delle risorse umane (HRM) e al comportamento organizzativo.
Formalmente possiamo definire l’Employee Engagement come “la somma delle percezioni dei dipendenti circa la propria interazione con l’impresa in cui lavorano”.
E’ la misura in cui i collaboratori sono coinvoltirazionalmente ed emotivamente nel loro ambiente lavorativo e si sentono motivati a contribuire al successo dell’azienda: tale indice di misura esemplifica il mix di energia ed entusiasmo cui bisogna aspirare nel proprio luogo di lavoro, sia come datore di lavoro che come dipendente
A me piace definirlo come “Essere positivamente presenti nell’esecuzione dei lavori, contribuendo volentieri con il proprio sforzo intellettuale, sperimentando emozioni positive, e connessioni significative con gli altri.”
Le organizzazioni dovrebbero concentrarsi di rispettare i 3 criteri di gestione del proprio capitale umano, impostando ambienti e modalità di lavoro coerenti con i bisogni dei collaboratori:
AUTONOMIA: garantire ai dipendenti l’autonomia su alcuni aspetti principali di lavoro tipo
Quando (tempo) cioè adottare un sistema di lavoro basato sui risultati piuttosto che su tempo
Come (tecnica) cioè fornire una guida e poi permettere loro di affrontare il progetto in modo opportuno senza seguire una procedura rigorosa
Chi (team) cioè consentire ai dipendenti un margine di scelta riguardo ai colleghi con cui lavorare
Cosa (compito) consentire ai dipendenti di avere regolarmente giorni di “lavoro creativo” in cui possono lavorare su qualsiasi progetto/problema che desiderano
2. MAESTRIA : consentire ai dipendenti di migliorare in qualcosa che conta per loro
Assegnare compiti né eccessivamente difficili né troppo facili in modo di estendere e accrescere le loro capacità
Creare un ambiente consono per promuovere l’apprendimento e lo sviluppo con obiettivi “ben formati”, feedback immediati
3. RESPONSABILITÀ/FINALITÀ: prendere provvedimenti per soddisfare il desiderio dei dipendenti di contribuire a una causa più grande e più duratura di loro
Comunicare lo scopo chiaramente in modo che i dipendenti comprendano le finalità strategiche dell’organizzazione e non solo i suoi obiettivi di profitto
Usare parole “purpose – oriented” utilizzando spesso il “NOI” che induce a parlare dell’organizzazione nello stesso modo e a sentirsi parte della grande causa.
“La vera motivazione viene dal successo, dallo sviluppo personale, dalla soddisfazione sul lavoro e dal riconoscimento.”
In psicologia, il flusso (in inglese flow), o esperienza ottimale , è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività.
Bambino concentrato in un’attività
Il concetto di flusso fu introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi nella sua teoria del flusso, e si è poi diffuso in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport, la spiritualità, l’istruzione, IL COACHING
Mihály Csíkszentmihályi ha viaggiato per il mondo e intervistato decine di migliaia di persone chiedendo loro delle volte in cui si erano sentite al meglio e avevano dato il meglio di sé.
DEFINIZIONE DEL FLOW:
Stato di coscienza in cui le persone sono così immerse in un’attività da dimenticare tutto il resto; l’esperienza è così piacevole che le persone la vivranno anche a caro prezzo, per il semplice gusto di viverla”.
Quando entriamo in uno stato di FLOW, la mente ed il corpo sono in perfetta simbiosi e la nostra concentrazione è totale. Per questo motivo, l’autore definisce questa condizione l’esperienza ottimale. Questa condizione permette di concentrarci totalmente sul momento presente e vivere un’esperienza estremamente appagante.
Csikszentmihalyi spiega che una persona può rendersi felice o triste, indipendentemente dalle condizioni esterne, semplicemente cambiando il proprio stato di coscienza. È un’idea molto cara alla scuola della psicologia positiva e che possiamo trovare anche nello stoicismo. Controllare i nostri stati d’animo ci permette di essere più felici. In questo senso, fare in modo di vivere delle esperienze di flow può avere un grande impatto sulla nostra felicità.
QUANDO SIAMO NEL FLOW SIAMO PIÙ PRODUTTIVI E PERFORMANTI
Lo stato di flow ci permette di essere così concentrati ed immersi nel nostro compito da farci raggiungere prestazioni di altissimo livello.
Il flow può dunque influire sulla nostra produttività, sui nostri risultati e di conseguenza sui nostri successi.
Secondo Mihály Csíkszentmihályi :
Ogni persona con cui ha parlato, a prescindere dalla cultura, dal censo, dal genere o dall’età, ha raccontato di essere sentita al meglio e di aver dato il meglio di sé quando si trovava in uno stato di coscienza alterato, uno Stato in cui ogni decisione, ogni azione fluiva senza soluzione di continuità e nasceva spontaneamente dall’azione precedente. Nel Flow sembra di fluire, è una descrizione letterale dell’esperienza in sé.
2) Il Flow è universale: lui ha ritrovato la descrizione di questa esperienza in ogni gruppo che ha intervistato. Perché? L’evoluzione ha modellato il cervello umano perché rendesse al meglio una volta entrato nel flow. L’esperienza del Flow appartiene quindi a tutti e ogni luogo, se alcune condizioni iniziali sono soddisfatte.
3) Le caratteristiche psicologiche fondamentali sono:
a) Concentrazione assoluta: cioè l’attenzione è rivolta unicamente all’attività che stiamo distruggendo. Coinvolgimento, appagamento e assorbimento totale nel qui e ora.
b) Unione di azione e consapevolezza: è la sensazione di unità con il tutto, non siamo più in grado di distinguere il sé e da ciò che è il sé sta facendo (azione e consapevolezza si fondono)
c) Dissoluzione del senso di sé: cioè il critico interiore (Il dialogo interiore) è in silenzio, la voce del dubbio tacce
d) Alterazione della percezione temporale, detta anche “dilatazione del tempo”: Può capitare che il tempo rallenti e di sperimentare l’effetto “fermo immagine” oppure che il tempo acceleri 5 ore trascorrano in 5 minuti (utilizzo della time line secondo la PNL). Il passato e il futuro svaniscono e ci ritroviamo immersi in un presente prolungato, che talvolta è definito deep now.
e) Forte senso del controllo: abbiamo un forte senso di controllo sulla situazione- speso in una situazione che solitamente non è possibile controllare. In quel momento siamo il capitano della nostra nave, padroni della nostra piccola fetta di destino. Un giocatore di scacchi, ad esempio, aveva raccontato all’autore di sentire di essere in completo controllo del proprio mondo.
f) Esperienza autotelica: termine greco composto da “auto” che significa sé stesso e “telos” che vuol dire scopo: cioè che racchiude in sé lo scopo della propria realizzazione. Ciò che stiamo facendo è tanto piacevole e ricco di significato che faremo di tutto per poterlo ripetere, anche correndo un grande rischio personale e a costo di spese elevato. In altre parole, si tratta di un’attività che costituisce essa stessa uno scopo.
4) Il Flow è misurabile,con metodi che misurano le 6 caratteristiche e la profondità con cui si manifestano in una certa esperienza
5) L’esperienza che chiamiamo Flow è in realtà uno spettro di esperienze diverse. In un certo senso, lo stato del flow assomiglia a ogni altra emozione. Prendiamo, per esempio, la RABBIA… Possiamo essere leggermente irritati o assassini omicidi: è la stessa emozione, vista agli opposti dello spettro ed è così anche per il Flow.. Possiamo trovarsi in uno stato DI MICROFLOW (Le 6 caratteristiche ridotte al minimo) di livello basso a un lato dello spettro oppure in un evidente MACROFLOW (Le 6 caratteristiche al massimo) all’esatto opposto.
6) La più importante scoperta di Mihaly Csikszezentmihalyi è che le persone che avevano raggiunto il punteggio massimo relativamente al benessere e all’appagamento erano quelle che maggiormente sperimentavano in flow nella propria vita. Lo stato di Flow è il codice sorgente che lo sviluppo delle neuroscienze per fortuna ci ha permesso di comprendere meglio l’esperienza del flow, per capire da dove origine e questo stato e perché (Immagini celebrali)
Avendo la fortuna di vivere dei momenti di flow, non posso che spronarti a cercare di avere più esperienze di questo topo nella tua vita. Anche se non ti dedichi ad attività che si prestano particolarmente questa condizione, puoi di sicuro lavorare sulla tua abilità di entrare nel flusso.
I vantaggi sono davvero notevoli: potrai sentirti più felice, più motivato, produttivo e performante.